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Lavorare per Amazon:
opinioni e recensioni

Il 5 luglio del 1994, Jeff Bezos, ingegnere elettronico che aveva lavorato per anni nel campo del commercio internazionale e della finanza, guadagnando lauti stipendi (sino a 223.000 dollari annui), decide di mettersi in proprio, fondando quella che anni dopo sarebbe diventata la più grande internet company al mondo. Il nome iniziale non era però quello che oggi noi tutti conosciamo, ma Cadabra.com. Anche il suo business plan, redatto in viaggio da New York a Seattle, era decisamente fuori dal comune, dato che non erano previsti utili nel primo quinquennio. Poi, la storia cambiò.

Un suo consulente legale mise in evidenza come il nome fosse simile a “cadaver”, ossia cadavere. Non proprio una scelta felice. Così, nel garage della sua casa di Seattle, Jeff Bezos decise di cambiare nome alla sua società: doveva iniziare con la lettera “A”, affinché potesse comparire nelle prime posizioni in tutti gli elenchi. E così, prendendo spunto dal Rio delle Amazzoni, optò per Amazon.com. Oggi, se si digita “Amazon” sui vari motori di ricerca, difficilmente i primi risultati rimanderanno al fiume dell’America Meridionale.

Da trentenne, pieno di idee creative, issò nel garage della sua abitazione l’insegna Amazon.com: la scritta era stata fatta con una bomboletta spray di colore blu su fondo bianco. Non c’era ancora la freccia arancione che collega oggi nel logo la lettera “A” alla “Z”. Tra le altre cose, il significato di questa cosa non è mai stato spiegato. In molti tra gli esperti di marketing vedono una sorta di sorriso che, a loro dire, contraddistinguerebbe il viso del cliente a seguito dell’utilizzo del servizio. Per altri, invece, la freccia arancione è da intendersi come punto di contatto tra la “A” e la “Z”, perché su Amazon i clienti possono trovare di tutto.

Il core business iniziale? La vendita di libri online. Amazon.com era inizialmente molto diversa da come è oggi. Il core business iniziale verteva infatti sulla vendita di libri online. L’investimento iniziale era stato considerevole: tutti i risparmi di Bezos e quelli dei suoi genitori, per un totale di 300.000 dollari.

Contabilità e spedizioni venivano gestite in prima persona da Bezos e da sua moglie: zero sprechi. Nonostante, come previsto, per i primi utili bisognò attendere il 2001, l’azienda era in forte crescita, al punto da aver messo in seria crisi un colosso del calibro di Barnes and Noble, il principale venditore al dettaglio di libri negli USA. Alcuni investitori credettero in questo ambizioso progetto, finanziandolo.

La stampa e la concorrenza avevano sottovalutato questa realtà imprenditoriale che aveva contribuito a portare una ventata di freschezza nel modo di fare business negli Stati Uniti. Anche la stampa non si aspettava questi risultati, tanto è vero che nel 1997, un articolo di Slate, affermata testata online di stampo economico, evidenziava un certo scetticismo sul fatto che l’azienda guidata da uno sconosciuto ingegnere elettronico, potesse conquistare la leadership mondiale nel campo della vendita di libri.

Cambio del business: Quando scoppiò, la bolla delle dot.com, numerose imprese ne uscirono letteralmente con le ossa rotte. Amazon.com, invece, sopravvisse alla grande, e dopo essere entrata nel mercato azionario sul NASDAQ nel 1997, decise di allargare la sua offerta, puntando settori non ancora del tutto esplorati: CD, DVD, film, videogiochi, macchine fotografiche, elettrodomestici e oggetti tecnologici, nuovi e usati. Oggi l’azienda vanta a catalogo oltre mezzo milione di articoli, messi in commercio su ben 13 piattaforme differenti.
Ascesa di Amazon

  • E da lì, l’ascesa di Amazon fu a dir poco incontrastata. Tra le tappe di successo maggiormente significative, vanno citate:
  • nel 2003, vennero vendute sul sito internet di Amazon la bellezza di 1,3 milioni di copie del romanzo Harry Potter e l’ordine della Fenice. Un boom a tutti gli effetti;
  • nel 2005, l’avvento di Amazon Prime, allora un innovativo servizio a pagamento per consentir ai clienti di poter ricevere in tempi ristretti il prodotto ordinato, a fronte della sottoscrizione di un abbonamento mensile o annuale. E da lì, prese il via il settore delle consegne premium;
  • nel 2007, il debutto del primo Kindle, inizialmente limitato agli Stati Uniti, fu con il freno a mano un po’ tirato, in quanto come lettore di e-book appariva un po’ troppo minimalista. Con il passaggio al Kindle Fire ci fu la svolta, al punto che per un certo lasso di tempo questo tablet riuscì a fronteggiare l’iPad della Apple;
  • tre anni dopo, Bezos investe la bellezza di 4,5 miliardi di dollari per la produzione di telefilm e di film, vincendo nel 2015 con la serie televisiva “Transparent” un Golden Globe. Nel 2017 fu la volta di due Oscar con il film “Manchester by the sea”;
  • il 2014 è l’anno dei software di riconoscimento vocale e Amazon punta forte su Alexa, ribattezzato dagli addetti ai lavori, come lo speaker intelligente. Oggi, quest’assistente virtuale è in grado di rispondere a quasi tutte le domande, una volta che gli vengono impartiti gli ordine tramite comandi vocali;

infine, le ultime tappe meritevoli di nota per ciò che concerne l’inarrestabile processo di crescita di Amazon si hanno nel 2016, con la sperimentazione delle spedizioni con i droni, e nel 2018 con il primo supermercato automatizzato a Seattle. Le potenzialità di Amazon Prime Air e Amazon Go (questi i nomi delle due ultime rivoluzionarie novità) devono ancora essere viste in toto.

Il successo della più grande internet company che ha come slogan “Work Hard. Have Fun. Make History” è sotto gli occhi di tutti, come vi vede dai numeri presentati all’inizio.

L’unico flop? Nel campo degli smartphone: Come in tutte le aziende di successo, non poteva mancare qualche flop. E ad onor del vero, Bezos ne ha commesso solo uno nel campo della telefonia mobile: il suo smartphone, noto come Fire Phone, fu presentato come un agguerrito competiror dell’iPhone. Tuttavia, il mercato non lo apprezzò.

amazon kindle

Amazon in Italia

Anche in Italia, Amazon si conferma un colosso nel campo del commercio elettronico. D’altronde, per centrare obiettivi così ambiziosi, diventa necessaria anche nel Belpaese una struttura imponente. Sono ben 5.600 i lavoratori negli stabilimenti italiani che in totale sono 23. Il quartier generale ha sede a Milano e arruola 600 dipendenti. A Roma, vi sono gli uffici per l’attività di lobby e per le relazioni con la Pubblica Amministrazione. Il polo tecnologico è tutto localizzato in Piemonte: la sede di Torino è prevalentemente dedicata ad Alexa, mentre quella di Asti si contraddistingue per un importante cento di sviluppo, focalizzato sui vari servizi web di Amazon.

Per ciò che concerne invece il polo logistico, la sede principale è a Castel San Giovanni, in provincia di Piacenza. Meritevoli di nota anche le sedi di Vercelli, di Passo Corese in provincia di Rieti e di Torrazza Piemonte, dove tra le altre cose si investono risorse nel campo robotico. Cagliari è la sede principale del call center.

Ad oggi, la struttura di Amazon copre prevalentemente l’Italia Settentrionale. La discesa al Sud è iniziata solo da poco e per la precisione nel 2019 con il centro di smistamento ad Arzano in provincia di Napoli. Sfida del Colosso dell’e-commerce in Italia sarà quello di puntare forte sul Mezzogiorno, sulle Isole e sulla dorsale adriatica.

Opportunità lavorative

Se intendi fare carriera in Amazon, considera che di opportunità lavorative ce ne sono davvero numerose. D’altronde, trattasi sempre della principale Internet Company all’interno del panorama mondiale.

In Italia, il gruppo guidato da Jeff Bezos è in forte espansione, come dimostrano i 23 centri aperti e i 5.600 addetti.

Reclutamento universitario

Se frequenti l’università ed intendi iniziare già a lavorare, la multinazionale di Seattle ti fornisce importanti opportunità di crescita, facendoti prendere sin da subito parte a progetti di una certa rilevanza. Potrai far vedere quanto vale il tuo talento, lavorando in team con l’intento di raggiungere obiettivi decisamente ambiziosi e sfidanti.

  • Brand Specialist / E-Commerce Manager: per i profili dal background economico, l’azienda cerca questi profili strategici, fondamentali per la crescita delle vendite online e nel consentire ai negozi online di generare profitti nel lungo periodo. In Italia, gran parte di queste offerte p a Milano, sede dell’head-quarter.
  • Ingegneri nello sviluppo del software: in Amazon, queste figure sono chiamate ad assicurare i più elevati standard in materia di progettazione e codifica. Creare piattaforme ex novo, lavorare con le tecnologie cloud di ultima generazione e programmare in C# Java, Ruby e Pyton sono alcune delle mansioni quotidiane. Il lavoro di un ingegnere nello sviluppo del software in Amazon è sempre indirizzato ai clienti finali, dato che bisogna accontentare le loro esigenze, sviluppando programmi di elevato livello qualitativo su sistemi estremamente flessibili, dovendo contenere un’immensa mole di dati, visto l’elevato numero di query al secondo.

Buona parte di queste offerte lavorative riguardano la sede di Cagliari, dove c’è il call center con quasi un migliaio di operatori, e quella di Torino, dove si lavora su Alexa, in riferimento al miglioramento della comprensione del linguaggio umano e al riconoscimento vocale.

  • Picker: deputati al prelevamento degli oggetti a magazzino sulla base degli ordinativi fatti dai clienti. Il tempo è fondamentale. Si lavora con scanner di nuova generazione. Tenendo conto che il network logistico è sviluppato attorno a 4 centri di distribuzione, ognuno di superficie superiore a 100.000 metri quadri, l’offerta lavorativa è davvero notevole.
    Inoltre, puoi inviare il tuo curriculum vitae anche per posizioni commerciali (Account Manager), per sviluppo hardware, nel campo della finanza e della contabilità, nell’area delle risorse umane e via dicendo.

Insomma, di annunci lavorativi ad Amazon ce ne sono davvero tantissimi, perché l’azienda di Seattle è alla costante ricerca di personale. Ti conviene collegarti direttamente sul sito internet dell’azienda e dare uno sguardo alle posizioni lavorative aperte in Italia e all’estero. Ovviamente, in quest’ultimo caso, oltre alle competenze richieste, la conoscenza dell’inglese è un must.

Amazon: l'opinione di chi ci lavora

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  • Ho lavorato per qualche mese in un magazzino Amazon, e ho trovato un ambiente, come era logico aspettarsi, con tanti pro e tanti contro. Innanzitutto, sono contento di poter “tirare una riga” su tutta la letteratura che è stata prodotta a svantaggio di Amazon, densa di galoppini che corrono come disperati su e giù per i corridoi, di secondi specificatamente dedicati al prelievo delle merci dagli scaffali, di tempi contati per recarsi ai servizi igienici, e insomma, su una mercificazione del lavoratore che, fortunatamente, non ho trovato. Si lavora né più né meno che in altri posti, non c’è il supervisore che ti dà il ritmo, anche se, a volte, qualcuno ti dice tra le righe che potresti darti uno scrollone e fare di più.

    Per contro, e NON mi si prenda per razzista, il tema dell’integrazione razziale e del politically correct, gli è, a parere mio, completamente scappato di mano.

    Sarebbe carino che su un territorio nazionale, almeno, e dico, ALMENO la metà dei lavoratori sia gente della zona. Invece, loro prendono chiunque, anche chi ha un italiano assolutamente carente, e adesso mi devo proprio levare un sassolino dalla scarpa: certi gruppi etnici, che per ovvi motivi non cito, sono l’esatto contrario di come un lavoratore dovrebbe essere. Le prime parole che imparano, al contrario di “orario timbratura”, “turno” o “parcheggio dipendente”, sono “straordinari”, “sindacato”, “contributi”, “assegno familiare” e “benefit”. Insomma: invece di essere grati per non stare facendo la fame al loro paese, fanno gli arroganti e mettono le mani avanti. Ho sentito qualcuno, non italiano, lamentarsi per le trattenute pagate, e mi veniva voglia di dirgli: “allora torna da dove sei venuto, che qualcuno che ti tira un po’ di pane secco lo trovi di sicuro”.

    Detto questo, ho visto persone passare interi minuti nei corridoi a parlare degli affari propri, mentre altri mandavano avanti la baracca. Penoso poi, e sottolineo PENOSO, il discorso legato alle ruberie. Amazon vende anche cibo, e non è raro, anzi, è la prassi, vedere merce mangiucchiata e abbandonata sugli scaffali, esattamente come lattine di bibite iniziate, lasciate a metà e messe in bella vista accanto alle confezioni intatte. Ho visto interi pacchi da 30 di bibite da buttar via perché c’era rimasto solo l’imballo, ed è nata dentro di me la convinzione che il prodotto sgagnato, lasciato a metà e messo in mostra sia un infantile quanto irritante segnale in codice, come a dire: “noi siamo i figli di p…..a, facciamo come ci pare, noi siamo furbi, e voi siete s….i”. Dignità ZERO, proprio, gente che si vende per un Kit Kat o, addirittura, E NON ESAGERO, per una lattina di tonno mangiata a mani nude. Esattamente come i ricorrentissimi furti di abbigliamento, in particolare ai danni di un brand ben specifico che, per evidenti ragioni, mi guardo bene dal citare. Se uno va al cesso e attaccato alla parete trova il bollino con scritto: “stirare al rovescio”, c’è poco da fare: questi oltre a rubare, ti prendono per il culo. Per come la vedo io, sono solo dei miserabili,dei pezzenti ladri di galline, e spero che i soldi risparmiati per intascarsi il maltolto invece di comprarlo, o quelli fatti su rivendendolo a miserabili come loro, gli servano per pagare la parcella all’avvocato quando dovranno rispondere in un tribunale di appropriazione indebita. E che, ovviamente, perdano la causa.

    A livello contrattuale, niente da dire: tredicesima e quattordicesima, sulla maggiorazione del notturno si potrebbe disquisire fino al giorno del giudizio (25 %, sono in corso aspre trattavite in materia), buoni pasto, caffè gratis alla macchinetta, mensa a prezzi accettabili e coperti dal buono pasto. Insomma: tutt’altro che un rapporto schiavo/ padrone. Il problema è che l’accesso all’ambiente lavorativo comincia quasi sempre con le classiche agenzie interinali, e col classico contratto a termine,quindi, la festa potrebbe finire (come è successo con me) il giorno che c’è scritto sulla busta paga. La facoltà di rinnovo viene applicata o non applicata a seconda di alcuni parametri. Il primo, discriminante al 100 %, è la quantità di ordini. Sotto Natale arriva l’orda dei disperati col timer, e quando il timer scade, vengono mandati quasi tutti a spasso.

    Ripeto: le uniche cose che mi hanno infastidito dell’ambiente sono il menefreghismo di certi personaggi, di solito giovani e non necessariamente italiani, per il resto, gli impieghi, almeno dal punto di vista del magazzino, sono di una semplicità disarmante. Mi resta il dubbio di alcune leggende metropolitane, tipo gente sorpresa a rubare, o a lavoro ubriaca, su cui è stato steso un velo pietoso, o il famoso localizzatore GPS inserito nella pistola laser per cercare i dipendenti. Un’altra cosa che può dare fastidio, è che le pareti del magazzino sono del tutto chiuse, l’unico piano da cui filtra un po’ di luce è l’ultimo, quindi l'”effetto Alcatraz” è abbastanza evidente e, a dirla tutta, disorientante. Il giorno e la notte là dentro si fondono nell’artificio di fortissime luci al neon, e per renderti conto dell’ora effettiva, l’unica è cacciare il naso fuori.

  • Ho lavorato in Amazon come dipendente tramite agenzia e all’inizio durante il mese di prova tutto sembra molto normale e tranquillo poi ti rendi conto che ti controllano sui tempi di lavoro e ti martellano ogni santo giorno sui tempi e la velocità se poi vai in bagno ogni due ore quelli ti abbassa la percentuale di rendimento . Poi le pause pranzo sono di 30 minuti effettivi tra bagno e 4 piani da fare a piedi perché gli ascensori sono per i capi non per gli operai ( associates ) causa covid ?? Turni con pause pranzo assurde … ti spostano di station ( postazione ) ogni 2 ore su . Il lavoro è ripetitivo alienante sfiancante se non sei più un giovane vai a casa a pezzi e nessuno ti dirai mai che vai bene , potresti fare di più . La sicurezza tanto vantata va a farsi benedire quando lavori come un ossesso per essere nei tempi ! Poi da dire che ci sono due tipi di lavoratori i precari a tempo determinato e i fissi che sono dei privilegiati in tutto e si coprono le spalle a vicenda e si imboscano per ore e ore . La paga non è buona visto i ritmi e la mole di lavoro enorme e la ripetitività alienante da svolgere in tempi brevissimi e controllati .

  • Ho lavorato per due anni presso gli uffici di Barcellona, prima nel dipartimento di Account health support e poi in Operazioni remotamente. La peggiore azienda dove abbia mai lavorato. Il management è in mano a totali incompetenti, messi li senza che abbiano né studi né esperienza. Inutile dire quante situazioni illegali ci siano anche negli uffici e il tutto è coperto tanto dai capi come da un non esistente risorse umane. Una mafia in cui solamente si promuovono in base ad amicizie, senza nessun controllo. STATE ALLA LARGA DA QUESTA “AZIENDA”

  • Una mafia in cui solamente si promuovono in base ad amicizie, senza nessun controllo. STATE ALLA LARGA DA QUESTA “AZIENDA”

  • ciao sono Mauro di Anagni
    voglio segnalare per esperienza personale che, anche Amazon ha problemi nel rispettare le richieste dei clienti (tempi di consegna, qualità dei prodotti, mancanza di controllo della merce ecc.) che, dopo aver anticipato i soldi subiscono i disagi di quanto segnalato, poi avvisati e rimborsati. Siamo ormai diventati succubi della supremazia commerciale esercitata dalle piattaforme di vendita on-line.
    Invito tutti a ritornare a far acquisti alla vecchia maniera,cioè direttamente dal negoziante sotto casa, tanto i costi degli articoli sono più o meno livellati.

lavoro amazon

Scheda aziendale

  • Settore:
  • Anno di fondazione: 1994
  • Dipendenti: 750.000
  • Sede: Seattle, USA, Milano, Italia
  • Fatturato: €210b

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