“Il lavoro nobilita l’uomo”. Questo antico motto sintetizza in maniera estrema come il lavoro sia parte integrante, e fondamentale, dell’esistenza umana. Con l’avvento della crisi economica, purtroppo la garanzia lavorativa è divenuta uno dei punti critici della società in cui viviamo, e non solo in Italia.
Le imprese, spesso, faticano a trovare le risorse economiche per coprire tutti i costi di gestione, a cominciare da quelli da sostenere per le risorse umane.
Eppure, esistono anche i casi inversi: quando il lavoratore decide di rassegnare volontariamente le proprie dimissioni.
Cosa si deve fare? Qual è l’iter da seguire?
In questa guida scoprirai tutto ciò che è necessario sapere se hai deciso di rassegnare le dimissioni volontarie.
In questo articolo si parla di:
Dimissioni volontarie: cosa sono
Non esiste un solo motivo, e un solo tipo, di dimissioni volontarie. Il dipendente può decidere, anche suo malgrado – magari per gravi ragioni di salute, di famiglia o perché costretto da motivi personali a trasferirsi in una diversa regione o nazione – di licenziarsi dal posto di lavoro.
Altri punti importanti differenziano le dimissioni rassegnate volontariamente, come per esempio il periodo in cui esse sono presentate: esistono infatti differenze se si lavora da molto tempo o se si è agli inizi.
Il lavoratore ha comunque diritto a licenziarsi, e il licenziamento volontario è uno degli istituti giuridici del nostro ordinamento.
Per molti anni, pur esistendo normative in vigore sul tema, la situazione spesso appariva poco trasparente e chiara. Solo dopo la riforma varata dal Ministro Elsa Fornero le cose sono un po’ cambiate, perché essa ho posto un freno a situazioni opache, che affliggevano i diritti dei lavoratori, come nel caso delle dimissioni in bianco, una pratica scandalosa che – ancora oggi – certi datori di lavoro utilizzano contro i propri dipendenti: costoro obbligano, in fase di assunzione o anche dopo, a firmare un documento che rappresenta le false dimissioni volontarie, senza però inserire la data.
Avendo in mano una simile attestazione, la garanzia del lavoratore è del tutto alienata: in qualsiasi momento il datore di lavoro può rendere valide le dimissioni apponendo la data al momento opportuno.
Per ovviare a questo scandaloso metodo per mettere chi lavora nella condizione di dover temere, in qualsiasi momento, un vero e proprio abuso, la riforma ha imposto che le dimissioni possono essere trasmesse solo per via telematica, in maniera da non poter aggirare la legge. Questa novità è stata denominata “Dimissioni online”, anche se in alcuni casi, per alcuni tipi di contratto lavorativo, è ancora possibile l’utilizzo dei documenti cartacei.
Il preavviso
Come nel caso del datore di lavoro che decida di licenziare un dipendente, anche il lavoratore deve dare un periodo di preavviso quando rassegna le dimissioni, e questo per dar modo all’impresa di poter coprire con una nuova risorsa il posto di lavoro.
Il periodo di preavviso, stabilito dal CCNL – Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro – è diverso secondo le varie mansioni e anche in base all’anzianità di servizio: se, per esempio, a dare le dimissioni è un impiegato di lungo corso, la sua sostituzione si prevede essere meno agevole, di conseguenza sarà necessario un preavviso per un periodo più prolungato per consentire al datore di lavoro di poter sostituire la risorsa umana con una con le medesime competenze e preparazione, o per poterla formare adeguatamente.
ATTENZIONE: il preavviso è sempre obbligatorio. Nel caso in cui il dipendente attivi una dimissione in tronco, cessi cioè di recarsi al lavoro dall’oggi al domani, il datore di lavoro può anche chiedergli un risarcimento del danno subito, che viene generalmente calcolato in base alle giornate di preavviso che non sono state onorate.
Dimissioni Online
Il Ministro Elsa Fornero ha varato la riforma del lavoro – Legge 92/2012 – che prevede, anche, che le dimissioni possano essere – in diversi casi – rassegnate solo online. La disciplina che regola le dimissioni online è invece contenuta nel DL 151/15 e all’ articolo 26.
Come spiegato in precedenza, è una soluzione che tutela i lavoratori, che sono stati, e in alcuni casi sono tuttora, costretti a firmare le proprie dimissioni in bianco.
Il dipendente che intende rassegnare le dimissioni può:
- Recarsi presso un patronato
- Chiedere a un consulente del lavoro di inoltrare la pratica
- Accedere al portale istituzionale online ClicLavoro
ATTENZIONE: per accedere al portale ClicLavoro è necessario iscriversi al sito creando il proprio account personale. Per procedere alla registrazione cliccare sul link: crea il tuo account inserendo i dati richiesti.
Periodo di prova e dimissioni volontarie
Durante il periodo di prova è possibile rassegnare le dimissioni senza il periodo di preavviso. Stessa cosa vale per il datore di lavoro, che può decidere di licenziare il nuovo assunto durante questo lasso di tempo senza doversi preoccupare di concedere un preavviso per consentire di trovare una nuova collocazione lavorativa.
Per rassegnare le dimissioni durante il periodo di prova è sufficiente presentare una lettera di dimissioni e non è necessario procedere con le dimissioni online, anche se in mancanza di tale procedura, si perde il diritto alla NASPI.
Conclusioni
Se si decide di rassegnare le dimissioni, saranno riconosciuti per legge tutti i diritti acquisiti durante il periodo in cui si è prestato servizio, come il TFR – Trattamento di Fine Rapporto – le ferie maturate, i permessi, la 13ma e, se previsto dal contratto, la 14ma mensilità.
Queste somme devono essere obbligatoriamente pagate nell’ultima busta paga, e solo nel caso in cui le dimissioni siano state presentate senza preavviso, potranno essere detratti l’indennità sostitutiva e, secondo le varie situazioni, eventuali danni chiesti in risarcimento al dipendente dimissionario.
È sempre bene, quindi, attenersi alle normative vigenti, per non incorrere in decurtazioni di quanto si ha diritto a percepire, senza dimenticare che, se si rassegnano le dimissioni durante il periodo di prova, è meglio inoltrare la pratica attraverso il sistema digitale, per non perdere il diritto all’indennità di disoccupazione (NASPI).
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